Il bambino petaloso.

Noioso! (il nemico “petaloso”)

È anche inutile che io ripeta quel nome. (Petaloso). Esatto. Ormai lo conoscete tutti, e sicuramente lo state utilizzando per aggettivare una pentola, o il vostro gatto. Non vi annoierò sulla storia del bambino prodigio e della maestra perspicace. Se volete ricostruire la vicenda, qui potete trovare il Professor Michele Cortelazzo, che vi saprà spiegare meglio di me. Ve lo anticipo, sarà un articolo breve. Come sarà breve la moda di questo aggettivo. La cosa che mi sfugge è perché la gran parte delle persone abbia deciso di inneggiare all’inserimento del “petaloso” nel vocabolario. Presumo che ciò sia accaduto a causa di uno strano processo osmotico: se ce la fa “petaloso”, ce la posso fare anche io. Con tutte le stupidaggini che ogni tanto invento, con tutti i miei apporti (diciamolo) inutili alla comunità. Si sa che il neologismo glamour, se ben sostenuto da una massa di hashtag, riceve una spinta dal basso verso l’alto pari alla quantità di haters che lo denigrano. E se solo “petaloso” riuscisse a farcela, a entrare nel vocabolario, si premierebbe una volta per tutte la mediocrità senza sforzi. E sarebbe fantastico. Perché ci manca ancora questa libertà. La libertà di pubblicare un video a tutto il mondo mentre insulto la gente per le vie di Milano; la libertà di infamare la mia ex-ragazza e farlo sapere a chiunque. La libertà di scrivere un libro con il cellulare e poi vendere milioni di copie. No queste libertà non… Un momento: queste libertà esistono! Si chiamano Youtube, Wattpad, e tutte le altre avanzate piattaforme che permettono al Chiunque di pubblicare la Qualunque, senza il minimo controllo, filtro, regia e giudizio. Il trionfo del “va bene tutto”, sostenuto da una marea di urla. Purché il clamore finisca in fretta, perché stasera c’ho la fiction. Che poi sia chiaro: c’è anche un modo intelligente di usare Youtube e Wattpad. E c’è anche un modo intelligente di usare gli aggettivi della lingua italiana. L’Accademia della Crusca si è espressa bene, solo che è stata male interpretata. Il successo non è approvazione; un concetto difficile da spiegare a un popolo in trepidante attesa del prossimo trend-topic. Il povero Matteo non ha colpe; quante volte alle elementari avrò detto “caccoloso”? O “smoccicoso”? Se petaloso entrerà nel vocabolario, vediamola così: tra tutti i neologismi che poteva partorire la mente di un bambino, ci è andata bene.

Made in Korea

Officina Letteraria comincia una nuova collaborazione con Studio 23 di Piera Cavalieri. Il progetto si intitola NARRAZIONI tra fotografia e scrittura, infatti le mostre che da fine febbraio saranno allestite nello spazio di Officina offriranno uno sguardo sulla ricerca di quei fotografi che attraverso le loro fotografie compongono il racconto di spazi, situazioni, persone. Le mostre a Officina non sono una novità, sono proposte per aprire Officina anche a un pubblico non necessariamente legato alla scrittura e agli apprendisti scrittori come ulteriore spunto per la loro immaginazione.   Piera Cavalieri scrive: Il pluripremiato Made in Korea è l’acuto sguardo di Filippo Venturi sulla Corea del Sud oggi. Con un procedere da antropologo, l’autore ha indagato gli effetti distruttivi e inquietanti dello sviluppo economico e tecnologico nella società sudcoreana attuale, in un lungo viaggio da Seoul a Busan. Dopo anni di grande sofferenza, in un tempo recente, la forte ripresa economica ha ribaltato il modo di vivere dei coreani. Il nuovo benessere, come analizzato da Venturi, ha portato con sé una forte competizione, le cui vittime sono gli stessi coreani. La Corea diventata uno dei paesi più avanzati, con multinazionali come Samsung, Hyundai, LG, sottopone i suoi abitanti a ritmi di vita folli. Non è concessa la lentezza.  La ricerca dell’eccellenza scolastica con ritmi di studio serrati, l’adesione ad ogni costo a convenzionali modelli occidentali di bellezza, anche con la chirurgia estetica, la competizione professionale hanno, come risvolto della medaglia, la dipendenza da internet, dalle tecnologie, dall’alcol e un elevato tasso di suicidi, soprattutto tra i più giovani. Venturi con il suo occhio attento e sensibile, ci restituisce, attraverso le sue immagini vivide, il resoconto realistico di un paese in balia della sua rincorsa alla modernità. Ma Venturi non è nuovo a questo tipo di ricerca sulle società contemporanee. “L’ira funesta” è un’altra, eccellente indagine, questa volta in Italia, su un luogo costruito appositamente, la camera della rabbia, per sfogare gli istinti più bellicosi e gli impulsi violenti a colpi di mazza. Il corpo, che sembra essere il veicolo di liberazione, diventa una possibilità narrativa non verbale.

Sabato in Officina: Raccontando l’Amore

La letteratura di tutti i tempi ci offre il racconto dell’amore. Due scrittrici affrontano questo tema appassionante e difficile in un percorso che si propone di offrire alcuni strumenti per raccontare l’amore senza banalizzare, senza cadere in facili sentimentalismi. Emanuela Ersilia Abbadessa, nella prima parte del workshop, analizzerà le strutture narrative di Anna Karenina, Madame Bovary e Fosca. Nella seconda parte, Sara Rattaro presenterà le strutture narrative di Love Story, I Ponti di Madison County, Lettere a Leontine. Ai partecipanti sarà spiegata la tecnica di scrittura “in stile” e verrà richiesto di riflettere sullo stile di un loro autore di riferimento. Saranno proposti anche alcuni esempi di scrittura “à la manière de”. Nella seconda parte del workshop, verrà richiesto a ciascuno dei partecipanti di realizzare un racconto d’amore breve nello stile di un autore a loro scelta o di uno tra gli esempi del workshop. Al termine, saranno letti e commentati gli elaborati. Sabato 13 febbraio 2016 Orario: 9:30-13:30 / 14:30 – 18:30 Costo: 100 euro; per i soci di Officina 80 euro Per ulteriori informazioni e per iscriversi, è possibile contattare Officina all’indirizzo info@officinaletteraria.com

La giornata di Donatella

di Sonia Vespa Non serve più puntare la sveglia alla sera. Ormai Donatella si alza molto prima della suoneria, malgrado l’ora di coricarsi sia  sempre spostata più in là. Non basta struccarsi, spogliarsi, prendere il libro, accendere l’abat-jour e sprofondare nella lettura che ti accompagna al sonno: si devono ancora controllare gli zaini delle bambine, la merenda, appendere i grembiuli in fondo ai letti, piegare i vestiti, preparare quelli puliti per l’indomani. Intanto Maurizio guarda la TV , legge il giornale, si addormenta sul divano. Lui può. Lei deve ancora finire di cucinare il sugo per lasciarlo pronto alle bambine domani. Lo sguardo cade sulla mensola impolverata. Non ce la fa stasera a togliere la polvere, dovrebbe farlo Irina, cosa la paga a fare? I libri di scuola sono tutti sottosopra. Sono disordinate come lei le sue figlie, non hanno preso dal padre. È ordinato lui, ma non mette mai in ordine la stanza delle bambine; Irina fa quello che può, e più di una volta alla settimana non se la possono permettere. Ed è inutile discutere con Dalia e Laurina: le risponderebbero che hanno preso da lei. Donatella, però, aveva una mamma casalinga che sistemava tutto prima che lei e la sorella tornassero da scuola, che, anzi, non voleva neppure essere aiutata, perché come per  sua madre e sua nonna, la casa era compito di una donna. Il sugo si sta attaccando alla pentola, se l’è dimenticato mentre finisce di stirare le camicie per la trasferta di  Maurizio. Un’altra trasferta di lavoro che comporterà per lei  andare, dopo l’ufficio, a prendere Dalia al maneggio e Laurina a pattinaggio, unici compiti di Maurizio, fermarsi a fare la spesa nel supermercato che chiude alle 21, approfittare del viaggio in auto per chiacchierare un po’ con le figlie, sempre che non stiano litigando tra loro. A Maurizio non soddisfa come stira le sue camicie Irina né la lavanderia, dovrà accontentarsi di come le sa piegare Donatella, senza naturalmente ringraziarla. Tutto dovuto,  a lui e alle bambine. Non voleva finire come sua madre, ma è così, solo che in più lei ha anche otto ore di ufficio e due di tragitto. Laurea in ingegneria e mansioni da segretaria.  Preferisce non pensare alle illusioni di quando era studentessa, quando credeva nella parità dei sessi, nella realizzazione professionale. Dalia non si addormenta senza chiamarla almeno tre volte. Ormai Donatella non si corica prima che sua figlia abbia completato le sue richieste: ho sete, non riesco a dormire, ripassiamo la lezione… Mai grazie mamma, solo capricci, alzate di spalle, pretese arroganti. Laurina è altrettanto capricciosa, ma almeno alla sera crolla e ha sempre dormito da sola. Congela il sugo per tutta la settimana, pulisce i fornelli, sistema velocemente la cucina, porta l’acqua a Delia che sta urlando: allora, mamma arriva quest’acqua?, mentre pensa che il domani sarà migliore, le figlie cresceranno, lei sarà più libera, meno stanca, magari riprenderà a viaggiare come faceva prima di conoscere Maurizio. L’orologio di cucina segna quasi le 23. Manca un’ora al giorno nuovo. Non è per l’insonnia che non dormirà stanotte, è per il discorso che si dovrà preparare mentalmente da fare al capo, domani, dopo aver respinto per l’ultima volta le sua avances: Queste sono le mie dimissioni, la nostra ditta rivale mi ha cercato più volte e oggi ho detto sì. Aumento di stipendio, vicinanza a casa, riconoscimento del mio ruolo, e il capo è una donna.

Seminario di sceneggiatura “Come un film”

“Come un film” è un seminario di sceneggiatura tenuto da Federica Pontremoli, autrice cinematografica genovese che ha lavorato tra gli altri con Nanni Moretti, Silvio Soldini, Francesca Comencini, Ferzan Ozpetek, grandi registi che hanno diviso con lei e altri autori il compito di scrivere il testo delle loro opere. Per insegnare questa tecnica sabato 23 gennaio (dalle 10 alle 13, dalle 14,30 alle 17,30) e domenica 24 gennaio 2016 (dalle 9,30 alle 13,30), guiderà gli allievi (minimo 8, massimo 15) in una full immersion su un mondo in cui le parole diventano immagini. Il seminario è organizzato da Officina Letteraria, la scuola di scrittura coordinata da Emilia Marasco che ha sede in via Cairoli 4. Per partecipare il costo è 150 euro. Attualmente Federica Pontremoli sta lavorando alla sua prima serie televisiva, senza tralasciare gli impegni sul grande schermo. Infatti, il 18 febbraio uscirà nelle sale Onda su onda, il nuovo film di Rocco Papaleo che ha scritto la sceneggiatura insieme alla professionista genovese e a Walter Lupo. I protagonisti sono lo stesso Papaleo e Alessandro Gassman. Un nuovo titolo che si aggiunge a film celebri come Il caimano e Habemus Papam di Moretti, Giorni e nuvole di Soldini, Lo spazio bianco di Comencini, Magnifica presenza di Ozpetek. Una cospicua esperienza che viene messa a disposizione di tutti coloro ai quali è capitato di immaginare una storia e di volerla scrivere come un film, ma che non sanno da dove cominciare o vogliono migliorare i loro cimenti, muovendo i personaggi tra scene e azioni da guardare. La scrittura ha regole precise e tecniche differenti adatte a un racconto, un romanzo, una pièce teatrale o un film. L’esperienza della sceneggiatura è una grande risorsa per la narrativa, insegna a costruire i personaggi, a strutturare una storia in modo da tradurla nell’arte centenaria e popolare che è il cinema, pieno di parole che devono essere dette, di gesti che si devono vedere proiettati sullo schermo. Il seminario di Federica Pontremoli a Officina Letteraria, è rivolto a chi scrive racconti e romanzi ai fini di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze e a chi vuole avere una prima informazione su come si lavora al testo per un film. «Partendo da una pagina bianca – spiega Federica Pontremoli – ognuno può capire come una storia, annaffiata dalla tecnica che ci metto io, si può trasformare in una sceneggiatura vera e propria con le sue leggi, il suo stile e il suo ritmo».   Dopo la laurea in Lettere Moderne, Federica Pontremoli nel 1993 si è diplomata in Sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Dopo avere girato alcuni corti e videoclip, nel 2001 ha diretto il film Quore. Nel 2003 il suo corto Baci da Varsavia ha vinto il Premio Sacher, tanto apprezzato da Nanni Moretti da chiamarla a fare parte del suo ristretto staff di sceneggiatori. Da quel momento la carriera dell’autrice genovese non si è più fermata.   Quando: sabato 23 e domenica 24 gennaio. Orario: sabato ore 10:00-13:00/14:30-17:30. Domenica: 9:30-13:30. Dove: Officina Letteraria, via Cairoli 4, Genova Costo:150 euro   Informazioni: Officina Letteraria Tel. 010/4551218 info@officinaletteraria.com  

Libri Distillati: trovata geniale o idea inutile?

Distillare: vuole dire mandare fuori un liquido goccia a goccia; estrarre faticosamente. Davvero faticoso deve essere il lavoro dei dipendenti della casa editrice Centauria, che hanno deciso di inventare questo nuovo prodotto. I libri “Distillati“. Ne avete già sentito parlare? Badate bene, NON SONO RIASSUNTI. L’idea è semplice, il claim conturbante. “Non hai più voglia di leggere davvero tutte le pagine di un libro?”, “Vuoi arrivare al succo senza la noia di tutte quelle parole che si rincorrono?”; o, per dirla tutta, “A scuola ti hanno chiesto di leggere un thriller svedese, ma sinceramente c’hai di meglio da fare?”. La risposta alle tue domande ti aspetta in edicola, incelophanata a meno di 5 euro. Quando ho acquistato la mia copia distillata di “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson, l’edicolante non ci poteva credere. Ha sgranato gli occhi, mi ha chiesto se volessi anche un quotidiano, per giustificare il mio moto a luogo. No, voglio questo perché voglio capire. Capire come sono riusciti a comprimere 676 pagine di trama piuttosto fitta a 10 punti tipografici in 235 pagine stampate al doppio della grandezza. Non c’è scritto chi ha avuto il coraggio di compiere questo gesto ciclopico. Compare solo il nome della direttrice responsabile della collana “Distillati”, che si assume tutte le colpe o le gioie della suddetta potatura. Insomma, il libro che tengo in pugno dovrebbe racchiudere “il cuore del romanzo” del primo capitolo della saga di Millenium. Analizziamo l’incipit delle due versioni. Era diventato un rito che si ripeteva ogni anno. Il destinatario del fiore ne compiva stavolta ottantadue. Quando il fiore arrivò, aprì il pacchetto e lo liberò dalla carta da regolo in cui era avvolto. Quindi sollevò il ricevitore e compose il numero di un ex commissario di pubblica sicurezza che dopo il pensionamento era andato a stabilirsi sulle rive del lago Siljan. I due uomini non erano solo coetanei, ma erano anche nati nello stesso giorno – fatto che in quel contesto poteva essere considerato come una sorta d’ironia. Il commissario, che sapeva che la telefonata sarebbe arrivata dopo la distribuzione della posta delle undici, nell’attesa stava bevendo un caffè. Quest’anno il telefono squillò già alle dieci e trenta. Lui alzò la cornetta e disse ciao senza nemmeno presentarsi. «È arrivato.» da Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson.* Era un rito che si ripeteva ogni anno. Il destinatario del fiore ne compiva stavolta ottantadue. Quando il fiore arrivò, aprì il pacchetto e lo liberò della carta da regalo in cui era avvolto. Quindi sollevò il ricevitore e compose il numero di un ex commissario di pubblica sicurezza che dopo il pensionamento era andato a stabilirsi sulle rive del lago Siljan. «È arrivato.» da Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson, versione Distillata.**   È successo qualcosa? Guardiamo meglio. Era diventato un rito che si ripeteva ogni anno. Il destinatario del fiore ne compiva stavolta ottantadue. Quando il fiore arrivò, aprì il pacchetto e lo liberò dalla carta da regolo in cui era avvolto. Quindi sollevò il ricevitore e compose il numero di un ex commissario di pubblica sicurezza che dopo il pensionamento era andato a stabilirsi sulle rive del lago Siljan. I due uomini non erano solo coetanei, ma erano anche nati nello stesso giorno – fatto che in quel contesto poteva essere considerato come una sorta d’ironia. Il commissario, che sapeva che la telefonata sarebbe arrivata dopo la distribuzione della posta delle undici, nell’attesa stava bevendo un caffè. Quest’anno il telefono squillò già alle dieci e trenta. Lui alzò la cornetta e disse ciao senza nemmeno presentarsi. «È arrivato.» da Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson.* Era un rito che si ripeteva ogni anno. Il destinatario del fiore ne compiva stavolta ottantadue. Quando il fiore arrivò, aprì il pacchetto e lo liberò della carta da regalo in cui era avvolto. Quindi sollevò il ricevitore e compose il numero di un ex commissario di pubblica sicurezza che dopo il pensionamento era andato a stabilirsi sulle rive del lago Siljan. «È arrivato.» da Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson, versione Distillata.** Quindi è così? Hanno proprio ragione. Non è un riassunto: è una macchina infernale di copia e incolla! Va bene Hemingway, ma non credo che quella piccola parolina – quel “diventato” – fosse davvero responsabile delle 600 pagine scritte da Stieg Larsson. E invece i Distillati sono spietati. Ogni parola contribuisce allo sbrodolamento, all’allungamento insensato. Tutto ciò che non sia soggetto o predicato deve soccombere. Salviamo i complementi oggetto solo quando utili alla comprensione della trama. Proviamo con un altro pezzo? In Uomini che odiano le donne, un punto nevralgico è il momento in cui l’hacker Lisbeth Salander si vendica su un uomo che voleva abusare di lei. Per la cronaca, gli tatua sul petto un insulto che il depravato ricorderà per sempre. Vogliamo leggere l’originale? Questo brano lo si incontra a pagina 317; il Distillato lo propone a pagina 113. «Sta’ fermo. È la prima volta che uso questo aggeggio.» Lavorò concentrata per due ore. Quando ebbe terminato, lui aveva smesso di lamentarsi. Sembrava quasi piombato in uno stato di apatia. Lei scese dal letto, piegò la testa di lato e osservò la sua opera con occhio critico. Il suo talento artistico era piuttosto limitato. Le lettere tremolavano e il tutto aveva un che di impressionista. Aveva utilizzato il rosso e il blu per tatuare il messaggio, che era scritto in maiuscolo su cinque righe che gli coprivano tutto l’addome, dai capezzoli fin giù, appena sopra i genitali: IO SONO UN SADICO PORCO, UN VERME E UNO STUPRATORE. Pagina 317 di Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson.* «Sta’ fermo. È la prima volta che uso questo aggeggio.» Lavorò concentrata per due ore, poi scese dal letto, piegò la testa di lato e osservò la sua opera con occhio critico. Il messaggio era scritto in maiuscolo su cinque righe che coprivano l’addome, dai capezzoli fin giù, appena sopra i genitali: IO SONO UN SADICO PORCO, UN VERME E UNO STUPRATORE. Pagina