Sulla condanna alla violenza contro la donna:
una riflessione di Elena Mearini.
Ormai, venire a conoscenza dei molteplici atti di violenza inflitti alle donne, non è più sufficiente, e dovrebbe non esserlo mai stato. Occorre assumere in sé tutto il non senso di un’ingiustizia che ancora trova uno spunto per esistere.
Occorre farsi personalmente carico di una piaga che va definitivamente debellata, una piaga opposta e contraria al segno di sacrificio e santità. Una piaga d’intollerabile dolore e inammissibile follia.
In quanto donna, mi trovo invasa da una volontà feroce di scendere per le strade e gridare un Viva a tutto il femminile che marca il mondo. Bisogna unirsi in uno sforzo corale capace di spaccare i vetri della paura. Uno squarciagola così potente da perforare tutte quelle sordità che portano all’indifferenza. Fuori le voci, dunque.
Bisogna unirsi in uno sforzo corale capace di spaccare i vetri della paura
Perché il silenzio non è altro che consenso alla mano dell’ennesimo uomo che colpisce l’ennesima donna.
Pene più severe, Arresto per stalking, Vittima informata sull’iter giudiziario, Querela irrevocabile, Aggravanti per coniuge e compagno anche non conviventi.
Questi, alcuni dei punti chiave della nuova legge contro il femminicidio e la violenza di genere. A leggerli, viene da chiedersi il perché non siano stati considerati ed applicati fino ad ora. A leggerli, nasce indignazione e sconforto di fronte a una giustizia colpevole di un ritardo che non ammette giustifica. A leggerli, dobbiamo indignarci di fronte ai Meno male, Era ora, Finalmente. Indignarci affinché in ognuno di noi sorga irrinunciabile la domanda “Dove siamo stati fino a questo momento?”.
La società (ossia il Noi che dovremmo essere) non può più permettersi di stare sempre un poco più in là di una vita maltrattata.