La Chinaski Edizioni è una casa editrice indipendente fondata a Genova nel 2004 e lentamente affermatasi come una delle più importanti in Italia nell’ambito della saggistica musicale. In questa intervista a Federico Traversa, direttore editoriale e socio fondatore di Chinaski, si parla di avventure imprenditoriali, percorsi umani, consigli ad aspiranti scrittori, crisi e ricette per uscire dalla crisi. Come nasce Chinaski Edizioni? Il nucleo originario eravamo io e un gruppo di amici: all’epoca facevamo tutti dei lavori pessimi, precari e sottopagati. Io ad esempio lavoravo in una fabbrica: scaricavo delle latte e non avevo idea di dove andassero a finire. Però tutti avevamo un sogno, il sogno di occuparci di letteratura e di far sentire la nostra voce. Io scrivevo: avevo pubblicato un libro per pura fortuna, così mi è venuta la voglia di provare a riunire tutti questi miei amici un po’ disgraziati come me in una realtà solida, di fare qualcosa di diverso. A Genova non c’era molto. Abbiamo tentato e le cose sono arrivate. Per noi è stato tutto magicamente casuale. Io ho scritto un romanzo, questo romanzo è finito nelle mani di Tonino Carotone, tramite Tonino Carotone sono stato in Spagna e ho conosciuto Manu Chao, tramite Manu Chao sono tornato a Genova sono arrivato da Don Gallo, e da lì sono nati libri importanti che hanno permesso alla casa editrice di consolidarsi… è stata una cosa un po’ pionieristica. E fatta a nostro modo. Accennavi ad alcune importanti collaborazioni, come quella con Don Andrea Gallo… Beh, è un po’ difficile parlare di Don Gallo, lui era un gigante… Quando andai da lui la prima volta, proprio mandato da Manu Chao, lui aveva appena pubblicato con Mondadori il libro “Angelicamente anarchico”, che era stato un bestseller. Dopo un po’ che chiacchieravamo io, quasi scherzando, o forse con l’imprudenza della giovane età, gli dissi “dovremmo fare un libro insieme”. E lui mi disse di sì. Non ero assolutamente pronto a questo sì. Però iniziai ad incontrarlo, ad andarlo a trovare, di settimana in settimana, e ad entrare in quella sua umanità senza confini. Un trafficante di sogni a tutto tondo… il frutto di quegli incontri è stato il libro scritto con Andrea, ma anche l’evolversi del progetto Chinaski. Noi siamo un’attività commerciale, che deve vendere libri per campare e pagare gli stipendi, ma dentro abbiamo anche questa voglia di conoscere e camminare con gli altri. Ci sono state altre collaborazioni importanti, con gli Africa Unite ci siamo divertiti, Tonino Carotone è diventato per me un fratello, idem il rapper Vacca, Fabri Fibra, tanta gente. Però Don Gallo… è Don Gallo. In questo momento stiamo vivendo una grande crisi economica mondiale. Quanto viene avvertita nel mondo dell’editoria e che influenza ha? Si sa, tutte le volte che c’è crisi la prima cosa che si va a toccare è la cultura… già così si parte male. Se poi aggiungiamo il fatto che l’Italia è uno dei paesi europei in cui si legge meno il quadro è allarmante. Le grosse catene sono in crisi, le piccole librerie io le chiamo librerie partigiane perché fanno una resistenza incredibile, ma ormai è dura. In Italia tutti scrivono e pochissimi leggono, c’è una situazione disarmante. Però va bene, nessuno ci ha detto che sarebbe stato facile. Io parlo per Chinaski ma anche per tanti amici editori piccoli che conosco… noi sappiamo di essere in trincea e di lottare, e che nessuno di noi si comprerà mai le piscine e le ville, ma neanche ci importa molto. Il fatto però di dare testimonianza di questi tempi, di far sentire le voci interessanti che escono e si alzano oggi è sicuramente di per sé appagante. Detto questo, speriamo che ci mettano una pezza. A proposito delle “voci interessanti” di cui parlavi prima: c’è qualche autore emergente che sei particolarmente orgoglioso di avere pubblicato? In realtà io credo che l’opera sia sempre più importante di chi la crea, fondamentalmente sono orgoglioso di tutti i libri che abbiamo pubblicato. Anche perché mi sono reso conto – ragionando anche sul mondo della musica – che molte volte un musicista ti conquista per un disco ma il successivo è deludente. La stessa cosa per la scrittura o per qualsiasi forma d’arte. Quindi in realtà mi piace pensare all’universo della cultura come a un luogo in cui è sempre più importante l’opera di chi l’ha creata. Anche perché poi, con la mercificazione delle immagini che viviamo oggi, appena qualcuno diventa un “personaggio” viene subito inglobato dal sistema televisivo. Finisce che ti dimentichi perché ci sei arrivato, cioè scrivere libri o fare musica. Ne ho visti troppi ed è un peccato. Ricette, idee per uscire da questa crisi – da un punto di vista editoriale? Dal mio punto di vista non è più una crisi del mondo editoriale, è una crisi di sistema e purtroppo dalla crisi di sistema non si esce tanto facilmente. Bisognerebbe ripartire, per così dire, dall’ABC. Far innamorare di nuovo la gente della letteratura , della buona musica. Far innamorare di nuovo la gente della letteratura , della buona musica. E questo non può andare a braccetto con un rilancio economico immediato.. Una “ripartenza”, se ci sarà, verrà dalle nuove leve, che vanno educate a riscoprire la bellezza e gli insegnamenti che ti può dare un buon lavoro artistico.Andrebbe anche ripensata la filiera editoriale: persistono situazioni veramente insensate. Faccio un esempio: escono valanghe di libri ogni mese. Questo cosa implica? Implica che la libreria è talmente “dopata” da tutte queste uscite che poi è costretta a rendere in tempo zero. Il libro non ha modo di maturare: non c’è neanche il tempo del passaparola, come si faceva una volta. Per il semplice fatto che un libro in libreria – se vendicchia qualcosa – resta che vada bene un paio di mesi. Se parte male quindici giorni e te lo rendono. Addirittura ci sono dei libri che non vengono neanche sballati. Altro problema è la questione che ormai il libraio fa gli ordini in relazione alla popolarità
Ha festeggiato da poco due anni ed è una casa editrice unica nel suo genere, nello scenario italiano, per due ragioni. Primo: Emma Books pubblica solo in digitale. Secondo: Emma Books si è posta l’ambizioso obiettivo di (citiamo testualmente dal sito) “intercettare e coinvolgere il variegato universo della lettura e scrittura femminili”. Il secondo anniversario di Emma Books coincide con la pubblicazione dell’ebook “Senza amore“, prima antologia di racconti a cura di allievi di Officina Letteraria. In questa occasione, abbiamo posto alcune domande a Maria Paola Romeo, agente letterario presso la Grandi & Associati e direttore editoriale di Emma Books. Emma Books ha da poco compiuto due anni. Puoi tracciare un bilancio di questa avventura? Siamo molto soddisfatti di come stanno andando le cose. Nell’attuale clima grigio dell’editoria italiana, la nostra crescita in termini di riconoscibilità, comunità di scrittrici e lettrici e di copie vendute è un raggio di sole. Mai avuta la nostalgia di non vedere i testi di Emma Books stampati su carta? Forse qualche autrice o lettrice “cartacea” vorrebbe avere un libro fisico tra le mani. Noi però siamo convinti che la bontà di un testo vada oltre il formato in cui viene proposto. Se il digitale, come pare dai numeri che ci arrivano dagli Stati Uniti, dove il fenomeno è ormai consolidato, consente di leggere di più grazie a prezzi più contenuti e a una diffusione più capillare, allora non vedo perché rimpiangere la carta. Fermo restando che il caro vecchio libro non scomparirà mai. Quanto contano, a tuo parere, i laboratori di scrittura nel percorso formativo di un autore? Grazie alla collaborazione con Officina Letteraria inauguriamo “Academy”, una nuova collana che ospiterà il lavoro degli allievi di alcune scuole di scrittura. Emma Books in questi due anni ha scoperto diversi talenti, ha dato spazio a molte voci nuove. Con questo spirito non potevamo non essere aperti ai “prodotti” dei laboratori. Detto questo, ciò che mi piace di più delle scuole di scrittura è che sono prima di tutto delle scuole di lettura… Qual è il racconto o romanzo al femminile che tutti dovrebbero leggere? (oltre a Emma di Jane Austen, of course) Il mio consiglio è leggere molto, moltissimo, romanzi di qualunque genere, da Alice Munro a Helen Fielding, italiani e stranieri. Esiste la ricetta per il “racconto d’amore perfetto”? Purtroppo non esiste la ricetta per niente (altrimenti saremmo tutti ricchi sfondati). Un consiglio, però, mi sentirei di darlo: per scrivere un buon romanzo d’amore bisogna raccontare con il cuore i sentimenti, le emozioni, non far percepire alla lettrice che tu, lo scrittore, ti senti superiore e in fondo non ci credi del tutto. Poi, pur rimanendo fedele ai canoni del genere romantico, inviterei chi scrive a trovare un proprio stile, una propria unicità; non tentare di scopiazzare libri analoghi. A scrivere “rosa” sono più brave le donne o gli uomini? Quali diverse sensibilità entrano in gioco? Questo è un tasto dolente, si discute parecchio se si possa parlare o meno di scrittura femminile. Senza addentrarmi, direi che anche gli uomini sanno scrivere meravigliose storie in rosa. Fino a qualche anno fa erano persino più bravi perché le donne cercavano disperatamente di emanciparsi dall’immagine della scrittrice di serie B. Ora questo pregiudizio è stato molto ridimensionato e anche le scrittrici possono serenamente raccontare tutte le storie d’amore che vogliono, come vogliono. Quanto contano realmente i social network nella promozione di un testo? Emma Books ha più di 1.000 like su Facebook, oltre 2.000 follower su Twitter e più di 300 follower su Pinterest: i social network da alcuni anni sono diventati un core fondamentale per chi scrive e pubblica storie. La promozione (sul web più che fuori dal web) continua a contare molto nella promozione dei libri (sia digitali sia cartacei). Accennavo in apertura alla comunità di Emma Books. Ecco, per noi è una risorsa fondamentale.
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