Ritorna il nostro agente Qfwfq! Prima di lasciare spazio alle sue inchieste sui passanti sorpresi con un libro in mano, riportiamo una breve dichiarazione che ha rilasciato alla redazione di Officina per spiegare il suo lavoro:
Hai voglia dire: scrivi. E chi ti legge? Officina Letteraria è un posto dove la gente legge e scrive. C’è sempre un motivo per farlo. Ogni tanto le parole diventano libri veri e propri. Non si sa che fine facciano. Se tu pubblichi e qualcuno ti conosce, certo che il libro lo tiene. Ma tutti gli altri? Quelli che per prima cosa di te sanno quello? Non la stretta di mano, non il tuo modo di fare, neppure dove vivi e in fin dei conti chi sei. Le persone che proprio usano un po’ del loro tempo per leggere la tua storia, chi sono? E se non scelgono il tuo libro ma un altro, ci sarà pure un motivo. L’unico modo di saperlo è seguire i libri. Guardare che giri fanno, in che mani sono. Ho deciso di andare in giro e intercettarli. Senza chiedere “che libro hai sul comodino”, perché chi risponde si dà sempre un tono, che dica Kierkegaard o Topolino. No, io li voglio sorprendere mentre leggono per vedere cosa hanno scelto. Perché chi tira fuori un libro in un luogo pubblico, alla vista di tutti, comunque è uno di noi. Uno motivato da qualcosa. Dalla pubblicità, dalla curiosità, dal caso, dal consiglio di un amico, da un obbligo scolastico. Già che ci siamo, controllo anche se legge carta o schermo. Vediamo che coppie si formano tra libri e persone. Tutto il resto è teoria.
Vediamo che coppie si formano tra libri e persone. Tutto il resto è teoria.
1) Pochi giorni dopo l’alluvione, salgo su un autobus verso sera. Ancora si pulisce la città, ancora si sente l’odore dell’acqua e della terra sottile che trovi dappertutto. Il 20 è affollato. Sulla piattaforma in fondo c’è un uomo sui 40 anni che legge, in piedi. Un tipo interessante, vestito senza fronzoli, persino rilassato nonostante la postura, le buche e gli ammortizzatori. Continua a leggere anche quando salgono i ragazzi pieni di fango che hanno finito la loro giornata nei negozi e negli scantinati. Una di loro si piazza vicino a lui con la pala bella dritta in mano, oggetto prezioso in quell’emergenza. Non si poteva abbandonare. Si sta stretti ora sull’autobus, ma lui non ha mai staccato gli occhi dalle pagine. Il libro è Caos calmo di Giovanni Veronesi. Gli dico: “Dev’essere avvincente”. Mi risponde: “Abbastanza”, seccato dall’interruzione. Fendo la folla e mi faccio più in là.
2) Al mare d’autunno, in una giornata tersa e calda. L’atmosfera è tutta diversa dall’estate. La gente è più libera perché la spiaggia è libera. Complessivamente, ci si dà anche meno fastidio, non fosse per il cane che continua a selezionare le persone che le piacciono e quelle che non le piacciono. Fra quelle che le piacciono da subito c’è una signora, che stende il suo asciugamano poco lontano, si mette in costume e inizia a leggere. Ha un e-reader, un attrezzo elettronico. Niente carta. È tutta felice di condividere il suo entusiasmo per la saga di Ken Follett, Century Trilogy. Sta leggendo I giorni dell’eternità (1.250 pagine) dopo essersi divorata La caduta dei giganti e L’inverno del mondo. “Li consiglio a tutti”, dice. Spiega che racconta tutto il Novecento vista da cinque punti di vista, cinque famiglie di nazionalità diversa, che quello è l’ultimo volume, che in tutto sono tre e belli spessi. Ma che si leggono di un fiato e si capiscono bene le dinamiche, i pensieri, le vite di chi è nato di qua o di là da un confine. Dice anche che le serve per spiegare meglio a scuola. Una specie di benedizione. Sullo stesso litorale, poco oltre, ma messo molto più al riparo, c’è un signore che legge La lingua del fuoco di Don Winslow. Thriller, molto noir.
Dice anche che le serve per spiegare meglio a scuola. Una specie di benedizione.
3) Nella stessa giornata, in due luoghi diversi, ne vedo due molto particolari. Di lettori. Sono fuori della porta di un ufficio pubblico, in coda. Seduti tranquilli. Vicino a me si siede una ragazza che ha voglia di chiacchierare. Io non tanta. Lei fa un controllo incrociato di tutte le carte che deve consegnare, confronta il mio modulo e il suo (che, per la stessa operazione, sono diversi). Sorride molto, è gentile. Io non tanto. A un certo punto si arrende e tira fuori un libro dalla borsa. L’attesa in effetti è lunga. A quel punto io mi interesso e lei non punisce la mia precedente scontrosità. Anzi è tutta contenta di mostrarmi La città di Dio di Louis De Wohl, spiegandomi che è un romanzo su San Benedetto della Croce. Precisa che non è un agiografia, che è divertente. Non riesco a reagire perché San Benedetto in testa ce l’ho, ma il della Croce mi spiazza. Però ora la ragazza è più contenta e intanto è arrivato il mio turno. In tarda mattinata salgo sull’autobus, il 20 e dalle parti dell’Università sale un ragazzo, uno studente evidentemente, con tutto il suo corredo di jeans, maglietta, sneaker non firmate, zaino e cuffiette. Si mette in piedi al centro, dove ci si può appoggiare al corrimano. Non so cosa ascolta, ma legge Gargantua e Pantagruele di François Rabelais, in italiano. Ogni tanto ride e mi fa piacere.