Officina Letteraria e UDI.
Una donna, un giorno è il titolo del reading che Officina Letteraria e UDI- Unione Donne in Italia – hanno deciso di ideare e mettere in scena presso la Biblioteca Margherita Ferro, il 6 novembre scorso. Ognuna delle partecipanti, in tutto sedici, ha scritto un racconto che aveva come traccia la descrizione di una giornata di una donna oggi. Le parole delle scrittrici partecipanti sono stati accolte presso la sede dell’Udi e lì hanno trovato orecchie coscienti e curiose, entusiasmo e possibilità di confronto. La sede dell’UDI di via Cairoli 14/6 porta appesi alle pareti i manifesti delle battaglie femministe che settant’anni fa iniziavano a diventare fondamentali nella storie delle donne di questo paese: aprire le porte alle parole delle donne oggi, è stato un grande aggiornamento del file, uno sguardo trasversale che ha connesso tutte, lettrici e ascoltatrici, ad una radice comune, dalla quale attingere per interpretare ogni singola posizione. E cercare di capire. Aggiustare un po’ la rotta. Farsi delle domande. Trovare delle risposte, nelle esperienze dell’altra. E soprattutto, forse, sentirsi comprese e rispettate, oggi, nel proprio essere diverse, una dall’altra: oltre ai clichè, oltre alle definizioni.
Ogni lunedì e ogni venerdì saranno pubblicati su questo Blog i testi delle sedici partecipanti.
“Lacci Mattutini” un racconto di Marta Traverso.
Piove. Ho fretta. Sono così nervosa che ho scordato di mettere lo zucchero nel caffè. Riunione alle 9.30 e chissà quanto dura, psicoterapeuta alle 12.45, dentista alle 16. Magari dovrei pranzare, in mezzo a tutti questo? Potrei mangiare una brioche per strada, al volo, mentre ritorno in ufficio. Se smette di piovere, che brioche e borsa e ombrello e ho solo due mani. Aspetta, però, ne avevo un’altra da fare oggi… cos’è che mi ha chiesto Alessio, mentre stavo uscendo… mettere a posto il file, il file di… ma perché non mi viene… sempre così fa, mi vede infilare il cappotto e chissà come mai gli torna in mente una cosa assolutamente da fare entro ieri. Perché tutto oggi deve succedere? Ho una lista di cose da fare che si srotola come una pergamena, finisce che ci inciampo sopra. Cioè, non ho una lista delle cose da fare, non in senso materiale, ma se ne avessi una, la prima cosa che scriverei è di compilare tutte le mattine una nuova lista delle cose da fare, invece di sforzarmi (tutte le mattine) a ricordarle una per una sotto la doccia, e spremo così tanto la testa che alla fine metto il balsamo sulla spugna e il bagnoschiuma nei capelli.
La mia testa, sì. Se dovessi disegnarla sarebbe un fazzoletto con tanti nodi, tutto allacciato e avviluppato su se stesso, un nodo per ogni cosa che devo tenere a mente.
Una nuvola di post it immaginari tenuti insieme da laccetti colorati.
Che poi, a dirla tutta, i lacci sono una gran perdita di tempo. Mi sveglio alle 6 e riesco comunque a uscire in ritardo: colpa dei lacci. Come, non la sai? Quella dei tre lacci mattutini, l’incubo di noi donne un po’ casual e sbadate?
Numero uno: i laccetti del reggiseno. Una passa l’infanzia a sognare che le crescano le tette, e poi al primo impatto con il reggiseno è un disastro. Soprattutto se non ha mai fatto le prove con uno di sua mamma. Troppe azioni in contemporanea: metti entrambe le mani dietro la schiena, tienilo fermo che non scappi, inarca testa e collo più che puoi, guarda allo specchio a vedere se almeno una linguetta la infili giusta, e quando infili le successive bada bene che la prima non ti scappi. Finché ho potuto, ho chiesto che mi comprassero reggiseni senza laccetti, quelli che si infilano dall’alto. Una figata. Poi le tette mi sono cresciute davvero, ed è iniziato il dramma.
Numero due: le scarpe. Lo confesso, ho la manualità di un chilo di pastafrolla. Ho imparato ad allacciarle quando avevo i piedi così lunghi che non fabbricavano più scarpe con lo strap del mio numero. Nove anni o giù di lì. Ero già nella ribellione preadolescenziale in cui rifiutavo di indossare le ballerine, troppo da femmina. Solo scarpe da tennis, possibilmente Lelli Kelly con la suola che si illumina di rosso. La trafila nodo-gassa-doppio nodo ve la risparmio, che ci metto di più a ripeterla che a farla.
Tre: hai presente i cumuli di spazzatura che “oggi non ne ho voglia, la butto domani” finché non diventano montagne e la cucina è pervasa di un odore impronunciabile? E hai presente quando, per spendere meno, hai comprato i sacchetti dell’immondizia con quei fastidiosi laccetti che penzolano sul fondo, che devi strappare e poi annodare tipo fiocco regalo, e premere perché esca fuori l’aria, e di quella volta che tua madre di ha raccontato che la cugina dell’amica di una sua amica si era dimenticata che il sacchetto era pieno di scatolette di tonno, e ha premuto troppo forte e la sua mano destra non ha fatto una bella fine?
Che m’importa, dirai. Io sono nata mancina. Se anche la mano destra si spezza in due con un colpo di latta, non è una tragedia.