Ha lunghi capelli biondi, l’arabo del futuro, una boccuccia di rosa, occhi profondi e tondi. Si chiama Riad e nonostante i suoi due anni di età, questo nome gli è stato assegnato da molto tempo. Perché in Siria funziona così: i ragazzi, prima ancora di essere uomini, possono decidere il nome del loro primogenito maschio, prima ancora che esista, in una proiezione in avanti precoce e tutta al maschile. Così suo padre si faceva chiamare Abu Riad, “il padre di Riad”, prima di andare a studiare alla Sorbonne, prima di conoscere sua madre Clémentine alla mensa dell’università, prima di innamorarsene, prima, molto prima dei suoi occhi tondi, della sua boccuccia di rosa e di tutto il resto. Ci sono grandi aspettative che lo riguardano.
Qualche volta Riad sogna di camminare in un lungo corridoio giallo senza soffitto e all’improvviso compaiono due tori che lo inseguono. Quando la speranza di salvarsi lo abbandona, una mano gigante lo afferra e lo porta in salvo: è la mano di suo padre.
Si affida, Riad, come tutti i bambini. Cos’altro potrebbe fare?
L’arabo del futuro di Riad Sattouf è uscito da pochissimo per Rizzoli Lizard in traduzione italiana, dopo aver venduto 200.000 copie in Francia ed essersi aggiudicato il Fauve d’or d’Angouleme 2015 come migliore opera. Lo cerco sullo scaffale, lo trovo (copertina nera e rossa, inequivocabile Gheddafi su sfondo di bandiere verdi) e come succede ad Alice con la tana del bianconiglio, ci cado dentro a capofitto.
In Siria ero un francese, in Francia ero un arabo con un nome bizzarro
dice di sé l’autore, e ci racconta proprio questa storia, una storia complessa di estraneità e di appartenenza, di regole apprese e sovvertite, di andate e ritorni tra la Francia, la Libia di Gheddafi e la Siria di Hafiz Al-Asad. E tutta questa materia complicata, intessuta di differenze culturali, di incomprensioni, di piccole e grandi violenze, ci arriva diretta come avessimo la pelle sottile dei bambini, senza spiegazioni, senza la possibilità di formarsi un’opinione univoca sulle cose, con quello spaesamento meraviglioso e terribile che accompagna le esperienze dell’infanzia. Ci arriva con forza e con leggerezza, grazie all’ironia che Sattouf, “scuola” Charlie Hebdo, riesce a trovare nell’ombra delle cose, anche quando non sembra possibile.
E invece no, è possibile eccome. E si trova in libreria, comodamente tradotto nella nostra lingua. Io sono contenta di averlo letto.
Riad Sattouf, L’arabo del futuro. Rizzoli Lizard 2015