di Federica Kessisoglu. Avete mai provato a stare davanti a un foglio bianco? Ci si sente sbiadire a poco a poco: il bianco si diffonde. Ci si ritrova con polpastrelli bianchi, sopracciglia bianche, pensieri bianchi. Un bianco timore ci prende per la gola e riusciamo a scrivere solo parole bianche affollate su quel foglio bianco. Allora ci si deve allenare, farsi fiato e muscoli. Occorre svuotare per riempire, osservare e osservarsi senza paura e senza giudizi. Occorre ascoltare in un modo nuovo. Ascoltare il proprio respiro, ascoltare il proprio corpo dall’alluce ai padiglioni auricolari, ascoltare il proprio cuore che batte e il saliscendi del diaframma. È necessario toccare e annusare, imitare e affidarsi. È necessario denudarsi per arrivare alla semplicità di gesti e parole. È necessario denudarsi per arrivare alla semplicità di gesti e parole. È necessario stare con i piedi ben piantati a terra per poter spiccare il volo. Non bisogna aver paura di emozionarsi, non bisogna aver paura di accettare doni, non bisogna aver paura di sorridere e di guardare veramente chi ci sta di fronte. L’allenamento dello scrittore è stato tutto questo e molto altro che non si può descrivere, ma solamente vivere nella propria intimità. Alla fine ho scritto su un foglio bianco, parole blu come pensieri inediti. Maggiori informazioni su L’Allenamento dello Scrittore!
di Michele De Negri. Ho fatto da cavia. Ed ha funzionato, per quanto mi riguarda. Sono stato invitato alla lezione sperimentale de L’allenamento dello scrittore, un nuovo corso che prenderà piede (letteralmente) a Officina Letteraria a partire dal 3 Dicembre. Mi sono presentato in abbigliamento poco consono all’attività ginnica, e ho apprezzato di poter consumare il riscaldamento comodamente il felpa e jeans. Niente tute o scarpe costose: e questo è il primo punto a favore dell’allenamento letterario. Abbiamo avuto un assaggio di tutti i 4 moduli che comporranno il corso: bioenergetica, relazione, suggestioni video e lavoro sulla voce. Ci riscaldiamo. Muoviamo il corpo, ci inseguiamo e ci imitiamo. Respiriamo. Dalla mente al corpo. A metà degli esercizi, il gruppo si divide in due: metà è isolata, e non messa a conoscenza delle azioni degli altri atleti. Io sono in questa metà. Ci richiamano nella stanza, e assistiamo a una performance. Una mimesi, in un certo senso, messa in atto dagli altri partecipanti: cercano di emulare ciò che hanno appena visto lontano dai nostri occhi. Guardiamo gli atleti, che agiscono ciò che hanno visto: che hanno interpretato. Dal corpo agli occhi. Ora noi interpretiamo ciò che abbiamo visto. Copiamo una copia, traduciamo una traduzione. Dagli occhi alla mente, di nuovo. E ora il passaggio più sorprendente: dobbiamo scrivere. Certo, perché siamo pur sempre a Officina Letteraria. “Scrivete cinque righe, non di più, su ciò che avete visto. Su ciò che avete capito”. In questo momento trascriviamo la nostra traduzione, che è a sua volta l’interpretazione compiuta da un’altra persona, di qualcosa che non abbiamo visto. È uno studio dell’ignoto guidato, che va dai piedi alla carta. Dal corpo, agli occhi, alla mente, alla penna. E ritorno. Dobbiamo ridare corpo alla mente e alla scrittura, perché è un allenamento, ed è fisico. Quindi leggiamo; dalla penna agli occhi di chi legge, alla voce che dà corpo alla nostra mente. Il movimento di cinque persone, che diventa cerchio, poi occhio che guarda, poi mente che traduce; poi occhio che vede, mano che scrive, bocca che legge. È un circolo piacevole nel quale perdersi. E il momento della lettura ad alta voce è davvero catartico e necessario: per sentire vibrare nell’aria ciò che abbiamo provato. Una nota di merito va al sottofondo musicale. All’età di quindici anni frequentavo un corso di disegno. Il primo giorno, la direttrice ci disse: “noi lavoriamo con la musica; non perché crediamo che possa essere di ispirazione, ma perché aiuta a focalizzare”. La frase mi rimase molto impressa, perché sfatava il mito di mus(ic)a ispiratrice; ma è una frase vera. La musica concentra, dà un inclinazione ai nostri pensieri. Respirare, guardare, scrivere e leggere sopra le note di David Lang è certamente un’esperienza piacevole. La musica bussa alle orecchie e arriva nella testa, dove si stanno mescolando tante cose: movimenti, visioni, interpretazioni, scritture. La musica inclina il piano, e fa scontrare tutto, si unisce in un’unica massa critica. E esce qualcosa, perché è troppo per poter stare stretta tra le pareti del cranio. Dal corpo, agli occhi, alla mano, per le orecchie alla voce. Ho partorito un dialogo tra una mano e una testa. Non so se sia una buona cosa, ma è uscita. Meglio fuori che dentro, dice Shrek, e sono d’accordo. Le parole vanno sudate, come le tossine e liquidi durante una maratona; la parole vanno espulse con un allenamento: quello dello scrittore. Maggiori informazioni su L’Allenamento dello Scrittore!
di Marta Traverso. Posso confessarti un segreto? La risacca mi fa impazzire. Passerei ore a guardarla. Quel movimento leggero del pelo d’acqua sui sassolini, una manciata di centimetri avanti, una manciata indietro. Così uguale, scandita, ripetibile. L’aria entra ed esce dai nostri polmoni con lo stesso ritmo: per questo, respiro più volentieri vicino al mare. Come se l’aria, lì dove si fa più bagnata, la si potesse toccare. Nel resto del mio tempo, prendo a esempio quei pesci tanto cari a David Foster Wallace e chiedo in giro dov’è aria, cos’è aria. Solo che, a differenza dei pesci, non ho branchie che respirino senza chiedermi il permesso. Ho due narici e una bocca, come te, e non saprei dire cosa colleghi una all’altra, finché una briciola di cracker scavalca l’epiglottide – che bel suono ha, epiglottide – e mi fa tossire, e per un attimo i miei apparati interni si confondono, mi disorientano. Tutto questo centra abbastanza, con la scrittura. Ventisei lettere, una manciata di segni d’interpunzione, un numero indefinito di vuoti riempiti da uno spazio bianco: così uguali, scanditi, ripetibili. Quella stessa risacca può incattivire tutt’a un tratto, si gonfia nel vento, si lascia sommergere da fiotti di schiuma senza un senso e riduce le spiagge a una crosta. Quella risacca è un raffreddore, il naso che perde il suo ritmo e alluviona un continuo starnutire. Nessuno mi aveva avvertita, prima di Elisabetta Marasco, che finché respiro con la bocca chiusa l’aria cattiva mi continuerà a circolare dentro. Come i momenti in cui l’idea per una storia c’è, e le parole per dirla, sta tutto lì, eppure. Esiste al mondo un essere più spaventoso di un foglio bianco? Nel mio primo Allenamento dello scrittore ne ho tenuto uno tra le mani, un paio di minuti, passato di mano in mano, quelle di Cesare Viel e delle compagne e compagni accanto a me. Il foglio bianco si è accasciato sulle mie ginocchia, è come con gli animali domestici, hanno più paura loro di te che tu di loro, ma non lo sai. Dopo qualche istante, ha preso a respirare al mio stesso ritmo, quello della risacca mentre non piove. Poco dopo, ma ancora non lo so, camminerò guidata dalle Augenblick con il passo lento della risacca. Si è addormentato, ora, e un foglio bianco che dorme fa meno paura. Potevo approfittare di lui a mio piacere: farne una pallina, coriandoli, un aeroplanino, o vomitargli addosso colpi di grafite che diventano poesia. Invece no. La risacca era calma. Gli ho accarezzato i capelli, al foglio bianco. Uno dei gesti più intimi che esistano. Quante persone, tra quelle che conosci, ti concedono di accarezzare loro i capelli? Io l’ho fatto, erano castani, cortissimi, non lavati da un po’. Erano i capelli di un personaggio che non avevo mai visto prima. Se non avessi respirato in quel modo, non lo avrei visto mai. Ho fatto piano, per non svegliarlo. Ho respirato ancora, e quel foglio è diventato lui, senza darmi il tempo di accorgermene. Quando l’ho lasciato andare, ha sollevato un ciuffo di aria. Maggiori informazioni su L’Allenamento dello Scrittore!
di Camilla Tomiolo. Meg Ryan aveva paura di volare. Non so perché quest’immagine si fa presente nella mia mente, mi dico. È un fotogramma di un film degli anni novanta che guardavo da bambina, quando avevo l’influenza. Comunque, Meg Ryan aveva paura di prendere un aereo, l’aereo per Parigi, l’aereo che avrebbe cambiato la sua vita, in meglio. Siamo tutti in cerchio, senza scarpe, stiamo con una mano sulla pancia e una sul petto. Respiriamo. Ci concentriamo sul sù e giù. In silenzio. Così in silenzio che perfino il tic-tic dell’orologio di qualcuno sembra un rumore fortissimo. Non sembra nemmeno di essere a Officina Letteraria, penso. Stiamo facendo Bioenergetica. C’è una insegnante, Elisabetta Marasco, che ci parla e si prende cura dei nostri corpi dicendoci di fare cose semplici, così semplici da sembrare strane. Tipo respirare, che é una cosa che io spesso mi dimentico di fare, durante la giornata. Mi dimentico che lo sto facendo. E così mi dimentico di un sacco di altre cose: mi dimentico di osservare le persone, di osservare le cose, di ascoltare i suoni, di immaginare. Fa paura, penso. Sentire così, sentire di più, non essere distratti, invasi dai mille pensieri devo stare qua, devo andare là, devo fare questo, devo fare quello. È Cesare Viel a dircelo. Siamo sempre tutti in cerchio. Sarebbe bello, dice, poter mettere un po in pausa quell’Io giudicante. Risatine complici di sottofondo, fosse facile! Provateci, continua lui. Provate a non sentirvi in dovere di fare nulla, nulla di performativo, nulla di stupefacente. Abbiamo in mano un foglio di carta bianco, una cosa piccola, normale, ma che, con questi occhi più grandi, in questa calma, sembra una cosa nuova, piena di possibilità. Ma noi non dobbiamo fare nulla di stupefacente. Ed è così che l’emozione riesce a sgusciare in mezzo alle anse perennemente presenti dell’ansia da prestazione. Così, io vedo le ombre delle mie dita su quel foglio bianco e mi dico che va bene così, mi incanto ad osservarle. Se avessi dovuto pensarmela non ci sarei mai arrivata. Così, i fogli bianchi che ci facevano paura, adesso ce ne fanno un po’ meno. Lasciarsi andare non é facile. Io di solito ci riesco solo tra i mobili di casa mia. E invece ora… Meg Ryan aveva paura di volare, la creatività é un po’ un volo. Verso qualcosa che non conosciamo, qualcosa di noi che non conosciamo. C’è sempre la vocina che si mette di mezzo: ehi, tu! Ma che cosa stai facendo? L’Allenamento dello Scrittore serve ad andare oltre. Ecco quello che é successo ieri sera, a Officina Letteraria, grazie a tutti gli artisti, maestri nel loro campo, presenti. È talmente successo che alla fine mi sono ritrovata, guidata dalle due performer Alessandra Elettra Badoino e Marina Giardina del gruppo Augenblick, a fare, insieme ad altri, una piccola azione teatrale su cui un altro gruppetto di noi ha scritto delle bellissime cose, tutte diverse, tutte con all’interno qualcosa di personale, di nuovo. Tutto il processo creativo era completo. Maggiori informazioni su L’Allenamento dello Scrittore!