Dedico alle donne, in questa giornata, la riflessione di un uomo, grande scrittore, Giuseppe Pontiggia, tratta dal suo libro “Prima persona” (Mondadori, 2002). Vi si parla in particolare di stupro, della sua infamia, ma vale per ogni violenza. Laura Bosio Ideologia e pratica dello stupro Giuseppe Pontiggia Per frenare l’aumento di diffusione, se non di popolarità, di questa infamia del maschio umano, forse occorrerebbe sottolinearne l’abiezione che manifesta, l’inferiorità che cela, la sconfitta che esprime. Se c’è un gesto in cui l’uomo annienta nel loro contrario tutte le qualità di cui si è tradizionalmente fatto vanto è proprio la violenza immotivata e impunita contro una innocente indifesa. Forse occorrerebbe insistere sulla viltà dello stupratore, simmetrica alla connivenza inconfessata di certi giudici che erogano pene miti, anziché condanne durissime. Perché tanto riguardo? L’indulgenza, in alcuni casi, è criminale come lo sfregio inferto per sempre alla persona. Bisognerebbe togliere al gesto ogni alibi psicologico che pure, in modi trasversali, evidentemente sussiste. L’indulgenza, in alcuni casi, è criminale come lo sfregio inferto per sempre alla persona. Bisognerebbe togliere al gesto ogni alibi psicologico che pure, in modi trasversali, evidentemente sussiste. Io credo non tanto alla efficacia dello sdegno, che spesso si compiace di sé, quanto a un movimento di idee cui tutti – dalla scuola alla chiesa, dalla stampa allo spettacolo – diano un contributo per coprire di disprezzo lo stupro. E i comici potrebbero coprire di ridicolo chi vede in quell’atto una affermazione di sé. Sappiamo che l’appello etico viene talora degradato a moralistico per poterlo ignorare. Ma lo scherno e l’irrisione hanno radici più profonde nella psiche. Contro l’ingiuria si può combattere, ma contro il disprezzo e il ridicolo no. Causano ferite che non si cicatrizzano. È su questa nevralgia della interiorità che occorre agire. Essenziale è negare allo stupro quella complicità occulta che ancora suscita presso molti uomini e restituirlo alla sua natura miserabile.
“La porta” di Barbara Fiorio. L’urlo di suo marito, una fitta al torace, il freddo del marmo e quel denso bisogno di lasciarsi scivolare nel buio della perdita dei sensi. Poi il pianto di suo figlio lì, sul pianerottolo, e la forza sufficiente per alzarsi e sorridere a quei cinque anni a piedi nudi, con gli anatroccoli sul pigiama azzurro e il viso di lacrime e muco. Inghiottì il sapore del pugno, recuperando il fiato per confortare il bambino. Andava tutto bene, gli sussurrò abbracciandolo, stringendo gli occhi per contenere il dolore. Papà era solo nervoso, e lei non sarebbe andata via. Lo aveva detto ma non lo pensava davvero. Andava tutto bene. Il vicino richiuse la porta.
“Debole” di Sara Rattaro. Il debole sei tu. Lo sei mentre mi tratti male, mentre usi la tua unica lingua, la violenza, mentre credi che la mia paura sia la tua più intima alleata. Lo sei mentre fai finta di nulla quando siamo tra gli amici o quando cambi canale alla televisione se si parla di qualcuno che potremmo essere noi. Lo sei quando mi minacci di non fiatare e mi colpisci solo dove non si può vedere, lo sei mentre sfuggi agli sguardi dei nostri figli e ti chiedi perché mai loro ti stiano così lontani o mentre cerchi di allontanarmi da chiunque credi mi possa aiutare. Ma lo diventi soprattutto quando credi che ciò che fai sia giusto e che se non me ne vado è solo perché tu sei più importante di tutto. Ma lo diventi soprattutto quando credi che ciò che fai sia giusto e che se non me ne vado è solo perché tu sei più importante di tutto. Non è così, lo faccio solo perché ho paura che qualcun altro possa pagare la tua ira, tutta la tua fragilità perché il debole sei tu. Io ho visto l’inferno e ora non c’è nulla che mi possa fermare, nulla davanti al quale io mi senta di dover abbassare lo sguardo. Per questo motivo tutti sapranno che il debole sei solo tu.
Sulla condanna alla violenza contro la donna: una riflessione di Elena Mearini. Ormai, venire a conoscenza dei molteplici atti di violenza inflitti alle donne, non è più sufficiente, e dovrebbe non esserlo mai stato. Occorre assumere in sé tutto il non senso di un’ingiustizia che ancora trova uno spunto per esistere. Occorre farsi personalmente carico di una piaga che va definitivamente debellata, una piaga opposta e contraria al segno di sacrificio e santità. Una piaga d’intollerabile dolore e inammissibile follia. In quanto donna, mi trovo invasa da una volontà feroce di scendere per le strade e gridare un Viva a tutto il femminile che marca il mondo. Bisogna unirsi in uno sforzo corale capace di spaccare i vetri della paura. Uno squarciagola così potente da perforare tutte quelle sordità che portano all’indifferenza. Fuori le voci, dunque. Bisogna unirsi in uno sforzo corale capace di spaccare i vetri della paura Perché il silenzio non è altro che consenso alla mano dell’ennesimo uomo che colpisce l’ennesima donna. Pene più severe, Arresto per stalking, Vittima informata sull’iter giudiziario, Querela irrevocabile, Aggravanti per coniuge e compagno anche non conviventi. Questi, alcuni dei punti chiave della nuova legge contro il femminicidio e la violenza di genere. A leggerli, viene da chiedersi il perché non siano stati considerati ed applicati fino ad ora. A leggerli, nasce indignazione e sconforto di fronte a una giustizia colpevole di un ritardo che non ammette giustifica. A leggerli, dobbiamo indignarci di fronte ai Meno male, Era ora, Finalmente. Indignarci affinché in ognuno di noi sorga irrinunciabile la domanda “Dove siamo stati fino a questo momento?”. La società (ossia il Noi che dovremmo essere) non può più permettersi di stare sempre un poco più in là di una vita maltrattata.
Il vestito come racconto. di Emilia Marasco. Ho conosciuto Lo Spaventapasseri molti anni fa, mi sono subito appassionata alle linee, ai tessuti, all’immagine di donna che sostiene la creatività di un’impresa totalmente al femminile. A poco a poco è diventato un atelier di riferimento e un luogo di conversazioni intelligenti intorno a un tema solo in apparenza frivolo, l’abito. Il vestito copre, nasconde e svela. Il vestito è sempre un racconto, a ogni latitudine, in ogni cultura, un racconto che passa di donna in donna, di madre in figlia. Lo Spaventapasseri ora ha un negozio anche a Berlino e fornisce i suoi pezzi quasi unici a diversi negozi di abbigliamento in tutta Italia. La pagina Facebook è sempre ricca di spunti e iniziative. Come questa: Il mio vestito, una seconda pelle. Mercoledì 30 ottobre, insieme a Lo Spaventapasseri, abbiamo organizzato la Merenda Letteraria “Il mio vestito, una seconda pelle”, con letture sull’abbigliamento femminile. L’evento è aperto al pubblico, compatibilmente con lo spazio del negozio, è rivolto in particolare alle socie di Officina Letteraria, perché da quest’anno la nostra tessera dà accesso a un piccolo sconto sui capi della collezione de Lo Spaventapasseri. Con l’occasione, sarà possibile anche fare la tessera simpatizzante di Officina Letteraria (10 euro). Evento vietato agli uomini? No, naturalmente. I soci di Officina Letteraria potranno usufruire dello sconto, Natale arriverà presto. Soprattutto, gli uomini che amano la narrativa potranno ascoltare le letture e scoprire quante storie si nascondono tra i vestiti di un negozio come Lo Spaventapasseri.