È tempo di Natale. Tempo di un libro davanti al caminetto mentre fuori nevica. Un periodo nordico, come nordico è il libro di cui vogliamo parlare oggi. Si tratta di Joe Speedboat di Tommy Wieringa, Iperborea edizioni. Questione di pelle: “Joe Speedboat” di Tommy Wieringa, Iperborea edizioni 2009 vs 2015. La casa editrice Iperborea nasce nel 1987, con l’intento di fare conoscere ai lettori europei la letteratura nordica. A Emilia Lodigiani, fondatrice di Iperborea, è apparso chiaro che i suoi libri dovessero distinguersi dal mare editoriale in cui navigavano. La scelta, quindi, fu quella di dare ai libri Iperborea una particolare connotazione fisica, che li avrebbe subito resi differenti, o meglio: una novità. Stiamo parlando del caratteristico formato super-verticale. Come un mattone di cotto. Strettissimo e lungo, 10×20 cm, ispirandosi al formato tradizionale del mattone di cotto. Una sorta di misura modulare ed elementare, che rappresenta l’unità prima sulla quale si è – in un certo senso – costruita tutta la nostra civiltà. A prima vista, può capitare di pensare che questa forma longilinea possa risultare scomoda al lettore: ma si aprirà? Come faccio a sfogliare le pagine? Devo inclinare la testa ogni volta che arrivo a fine riga? Accadeva in minima parte con la vecchia impostazione di Iperborea. Per esempio, la prima edizione di Joe Speedboat (2009) può risultare un po’ difficile da maneggiare. Stiamo parlando di un volume importante, più di 300 pagine, che diventa di difficile consultazione, specialmente dopo la metà del libro; le pagine finali tendono a sfuggire dalle mani, il libro rimane difficilmente aperto e, in effetti, bisogna leggerlo quasi come un manga: senza aprirlo del tutto e assumendo con la testa l’angolazione migliore per leggere fino all’ultima lettera della riga. Il restyling del 2015. Problema che, di certo, non si riscontra con la nuova edizione di Joe Speedboat, del 2015, anno in cui Iperborea ha rinnovato grafica e materiali raggiungendo un netto miglioramento estetico e funzionale. I progettisti di Studio Xxy, firma del progetto di restyling grafico, si sono dedicati con particolare attenzione alla scelta della carta. Divertendosi a sezionarea metà un volume Einaudi, fino a ridurlo alle stesse proporzioni di un Iperborea, hanno appurato che il moncherino rimanente non era comodamente sfogliabile. Il problema tecnico non era dato tanto dal formato, bensì dallo spessore della carta. In sostanza, la grammatura comunemente usata per i volumi di formati “standard” non è adatta al formato di Iperborea. Studio Xxy si è, quindi, per una carta Imitlin di Fedrigoni, una carta pregiata, ma, allo stesso tempo, ruvida, che sa di tela d’artista, trasformando ogni libro Iperborea in una piccola opera d’arte. Inoltre, la nuova carta è più morbida, permettendo di “squartare” (come dice la stessa casa editrice) il libro, aprendolo più facilmente e leggendo con più gusto. Il formato super-verticale non è solo potenziali difetti. Anzi! La gabbia allungata rende più rilassante la lettura, che va a capo più volte; inoltre, i libri stretti sono facilissimi da tenere con una mano, per gli amanti delle letture “on the road”. Il formato di Iperborea si odia o si ama, ma, a mio avviso, dopo il restyling è molto più facile amarlo. “Joe Speedboat” di Tommy Wieringa. Finalmente parliamo di Joe Speedboat. Ve lo dico subito: un libro meraviglioso. Oserei dire uno dei miei romanzi preferiti. Per chi ama le epopee, le grandi avventure, i romanzi di formazione alla Stevenson, il libro dello scrittore olandese non deluderà le vostre aspettative. Un accenno alla trama. Molto brevemente: Fransje è un ragazzo che, dopo un incidente, si ritrova bloccato su una sedia a rotelle, che può spostare grazie al suo braccio destro, l’unico arto ancora mobile. Nel paese di Fransje si trasferisce un misterioso e affascinante ragazzo che si fa chiamare con un soprannome: Joe Speedboat, appunto. I due fanno subito coppia, e si perdono in strabilianti avventure. Non vi anticipo nulla, ma di mezzo c’è anche un campionato di braccio di ferro. Straordinario. Cambio di titolo, cambio di immagine. Possiamo notare che dalla prima alla seconda edizione per conto di Iperborea, oltre all’immagine, cambia anche il titolo. Da semplicemente Joe Speedboat, si passa a Le avventure di Joe Speedboat (raccontate da un campione di braccio di ferro). Ma dicevamo, soprattutto cambia l’immagine (oltre alla grafica, di cui parleremo nel capitolo successivo). Benché la figura del bambino sull’aeroplano della prima edizione sia forse più rappresentativa del libro (per chi leggerà), la nuova immagine spicca per i suoi colori armoniosi. Iperborea ha infatti sempre manifestato grande gusto cromatico nelle sue copertine. Se le mettessimo tutte in fila e le guardassimo da lontano, sembrerebbero piccoli pixel color pastello, freddi, algidi, ma al contempo accoglienti; formerebbero un grande quadro paesaggistico, riassumibile con le parole “Grande Nord”. La grafica. Fin dalle prime edizioni, le copertine di Iperborea hanno dimostrato originalità con le immagini a vivo, che in quel tempo ancora nessun editore applicava. Dal 2015, le immagini delle copertine si estendono, fino a girare intorno a tutto il libro, andando a occupare anche i (nuovi) risvolti che impreziosiscono l’edizione. Cambia la collocazione del titolo del libro, che ora si trova su un fondo a tinta unita, generalmente in armonioso abbinamento con i colori dominanti dell’immagine di copertina. Scelta apprezzabile, che rende più leggibile i caratteri, rispetto alla vecchia scelta di testo bianco direttamente sovrapposto all’immagine. Il font. Anche il font di Iperborea ha subito una trasformazione dopo il restyling del 2015. Prima era un graziato, del tutto simile a un Garamond allungato (e come poteva non esserlo?) in verticale. Adesso (anche se la nuova edizione di Joe Speedboat conserva ancora il vecchio font) si è passati a un bastone, sempre maiuscolo: più massiccio, più leggibile, forse più attuale. Lo possiamo vedere nella copertina de Il re dell’uvetta di Fredrik Sjöberg (2016, P.S.: divertentissimo libro anche questo!). Il logo. Per finire, è stato cambiato il logo stesso della casa editrice. Prima era una runa che sormontava il nome della casa editrice. La runa si è evoluta, abbandonando il testo scritto, passando da segno a simbolo. Autosufficiente. In breve: Font: 8 Immagine: 7 Titolo: 8.5 Complessivo: 7.8
Per la serie di post Questione di pelle, analizziamo la copertina dell’ultima fatica di Don DeLillo: Zero K, pubblicato da Einaudi nella collona dei “Supercoralli”. Questione di pelle: “Zero K” di Don DeLillo, Einaudi, 2016. Bisogna dire che qualunque titolo – anche il decimo pezzo della saga di Twilight – sembra subito un classico, se a pubblicarlo è Einaudi. Gli ingredienti sono pochi, semplici e immortali: il bianco di sfondo, un’immagine centrata, una scritta asciutta. Che la copertina sia rigida o morbida, i libri Einaudi sembrano sempre pronti per entrare nello scaffale di una biblioteca e restarci per sempre. E spesso lo fanno. L’ultima perla di Don DeLillo è certamente ben inquadrata all’interno della collana Einaudi. Pochi altri editori avrebbe potuto restituire a uno dei più grandi scrittori americani viventi una veste degna del suo Zero K; un libro che porta con sé gli ingredienti che lo consacrano già a classico per licei: distopia, futuro ma non troppo, grandi temi come l’immortalità e le nuove tecnologie, senso metaforico, frasi ispirate. I Supercoralli Einaudi. Zero K abita la collana dei “Supercoralli” di Einaudi, istituita da Cesare Pavese poco prima degli anni ’50. “Supercorallo” vuol dire un punto fermo della letteratura (che sia italiana o estera), in genere ancora più fermo di un semplice “Corallo”. Possiamo dire che il titolo si prepara quasi certamente a entrare nei “Millenni”. I “Supercoralli” hanno principalmente tre opzioni di veste grafica: La classica impostazione bianca con immagine centrata (quella che analizzeremo a breve); Un’immagine espansa a piena pagina (con foto al sangue), che funge da sfondo al titolo e autore. Talvolta, come in questo caso de L’uomo che cade, titolo e autore lasciano la loro posizione alta e centrata, a favore dell’immagine di sfondo; L’immagine come banda passante su sfondo bianco, un’interpretazione più attuale della classica gabbia centrata che possiamo vedere appliacta in Candore di Mario Desiati (2016). I font Einaudi. Parliamo due secondi del font Einaudi. Senza addentrarci nel dibattito del font utilizzato per i testi interni (anche se pare definitivamente che sia un Simoncini Garamond, anche detto Einaudi Garamond), osserviamo com’è scritto il titolo in copertina: Il font di copertina appare come un Helvetica Neue Bold, leggermente tirato in orizzontale. Per i fan della bianca, un font poco graziato potrebbe stonare con lo stile Einaudi. Se devo dirlo, analizzando il font a sé stante, non lo trovo squisito nemmeno io: le lettere sono larghe, stretchate in orizzontale. Ma riconosco all’Helvetica l’imponenza necessaria a dare peso a un titolo. La distinzione tra titolo del libro e nome dell’autore viene resa palese ai minimi termini. Einaudi cambia giusto il colore (nero / rosso). Stessi punti tipografici, allineamento a lapide. Ringraziamo comunque dell’accorgimento, perché nei primi “Supercoralli” non era concesso neanche il cambio di colore, lasciando spazio a possibili ambiguazioni. Immagine e Immortalità. La scelta del soggetto per l’immagine di copertina è a dir poco azzeccata: è intitolata Sime ed è opera del fotografo Jasper James. Lo scatto della statua vuole farci capire subito e bene il tema del libro: l’immortalità. E cosa meglio di una statua classica – fredda e pietrificata – può farci immaginare cosa voglia dire uno stato di criogenesi, il congelamento necessario per arrivare nel futuro, oltre il proprio tempo? L’impaginazione grafica. Proviamo a entrare nel merito dell’impaginazione con qualche speculazione. Sappiamo che è facile avere una copertina bianca e un’immagine potente; meno facile è sapere come collocare l’immagine all’interno del vuoto. Si può notare una cosa interessante. L’area rossa indica la sezione aurea della copertina, ottenuta riportando la dimensione della base sull’altezza. Salta all’occhio che il naso del viso cade proprio sulla linea di demarcazione del quadrato rosso: si trova quindi in sezione aurea con la dimensione totale della copertina. Otteniamo di conseguenza che la linea del naso divide perfettamente a metà la copertina, e la linea orizzontale degli occhi fornisce l’ascissa del nostro sistema. Nonostante il volto di pietra non sia visibile nella sua interezza, esso è collocato in modo da costituire il centro focale della copertina. Saranno pure speculazioni. Però anche nelle riconosciute proporzioni del volto, la radice del naso si trova in sezione aurea con l’altezza del volto: tracciando un cerchio che ha come diametro la larghezza del volto, la radice del naso si trova sulla circonferenza del cerchio, esattamente nel centro di esso. In conclusione. Il volto di pietra di Zero K è perfettamente proporzionato con se stesso e con la sua copertina. Volute o casuali, queste coincidenze geometriche donano un grande senso di pace; una fermezza, una quiete degna di un grande classico. Nonostante sia stato appena pubblicatob (e noi siamo andati ad ascoltarlo al Ducale). “Zero K” è un libro sulla percezione. DeLillo riesce a far parlare i morti (in 1ª e in 3ª persona, contemporaneamente). #ZeroK #DonDeLillo — Officina Letteraria (@OfficinaLettera) 26 ottobre 2016 In breve: Font: 7 Immagine: 9.5 Titolo: 10 Complessivo: 8.5
Vi siete mai avvicinati a un autore sconosciuto, solo perché il suo libro aveva una bella copertina? Avete mai comprato un libro perché sarebbe stato proprio bene tra i vostri scaffali? Accarezzate i libri, mentre li leggete? Scegliete un ebook perché la copertina vi ha ammiccato dallo store? Perché una buona copertina? Da sempre la confezione di un libro – dalla copertina, passando per la carta, il formato, i colori, i font – influisce in modo significativo sulla promozione del titolo e sul successo di un titolo. Ogni casa editrice cerca di sviluppare un proprio linguaggio estetico; in questo modo, i libri della casa editrice sono più riconoscibili. Tramite una buona copertina è possibile comunicare al lettore di cosa tratta il volume in questione, ma non solo. È una comunicazione visiva, che prescinde dal linguaggio verbale, ma che si esprime attraverso forme e colori. Insomma, è una questione di pelle! In questa rubrica, proveremo a “smontare” la copertina di un libro, cercando di capire le dinamiche grafiche e – di sponda – editoriali che hanno portato a quel risultato. O semplicemente, spiegheremo perché quella determinata pelle è adatta al contenuto o perché, secondo noi, non funziona. Gli articoli. Il primo appuntamento è con Don DeLillo e il suo Zero K (Einaudi editore, 2016).