Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! Scrivere il futuro di Silvia Casaccio “Che fatica, come ho potuto lasciarmi convincere a raggiungere la vetta di Pianfoglia” pensò Bianca mentre si arrampicava per lo stretto sentiero. Gli unici rumori a farle compagnia erano i propri passi veloci sui ciottoli disconnessi e i battiti del suo cuore. “Ecco quel che capita a stare a sentire il vecchio pazzo Sam”. Bianca da qualche tempo era ossessionata dalla conoscenza del futuro e si era rivolta esasperata al vecchio del paese. “La strada per la conoscenza è piena d’insidie. Arriva alla vetta più alta ed interroga il dio Chiochio” aveva risposto Sam. “Chi sarebbe Chiochio?” provò a chiedere inutilmente Bianca. “Non arriverò mai prima che faccia buio. Forse la fatica è già una prima insidia da superare, così come saper dominare l’ansia”. La pazienza è un’arte che va allenata poco alla volta e Bianca sapeva che era un suo limite. Avrebbe voluto conoscere l’evoluzione dei propri studi, le aspettative di vita dei suoi cari. A nulla erano valse le parole di suo padre: “il presente è l’unico tempo che puoi vivere”. Nel frattempo il cielo si stava facendo sempre più cupo e uno strano vento le accarezzava il viso. Era tardi per tornare indietro, doveva resistere ancora un po’. Dopo una mezz’ora di salita Bianca giunse finalmente al punto più alto della montagna, dal quale poteva dominare tutta la costa sottostante. “Ci siamo, è il momento di interrogare il dio di Sam”. Quali parole avrebbe dovuto pronunciare per farlo? La ragazza si guardò dentro per cercare la giusta ispirazione ed infine urlò a gran voce “Chiochio svelami il futuro!”. Bianca si mise in ascolto e proprio in quel momento il vento prese forma tramutandosi in uccello “Chi sei?” tuonò. “sono un’anima in cerca della propria rotta” “Hai avuto fede e coraggio ad arrivare fino qui. Sei libera di scrivere il tuo futuro” e svanì tra le nuvole. Bianca rimase turbata ed incerta del significato di quelle parole ma tornò a casa più serena. Il suo futuro restò sì un mistero e questa volta lo accettò.
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! Scrivere apre i porti di Annalisa Aiello “Vorrei rivederti in un giorno d’estate”. Iniziava così la sua lettera, scritta in corsivo stretto. L’inchiostro inverdito dal freddo d’inverno, una macchia di caffè all’angolo. Un cerchio sbavato e perfetto, due lacrime a capoverso. Erano già passate sei intere stagioni e non lo si vedeva tornare, tanto da dubitare che fosse davvero mai esistito. Iniziava così la lettera di Giova, -in un giorno d’estate- e d’attesa. Qualcuno partiva dal porto sotto la scogliera, trascinando una valigia dalle ruote plasticate. Qualcuno ancora dava un ultimo bacio, un abbraccio. Giova rimase a guardare la vita sotto i suoi occhi, riflettendo sul significato della parola “porto”. Chi partiva, in effetti, qualcosa portava con sé. Ma non sono più le cose che si lasciano, quando si parte, rispetto alle cose che si portano? “Un Porto è soltanto un Lascio di un ottimista, pensava.” E attendeva ancora. Alcuni pescatori amatoriali ormeggiavano le piccole imbarcazioni ai pilastri, sbrogliando le reti intricate di nodi e pescame. Una linea sottile divideva la strada trafficata dal pontile poco vicino. Una macchina nera si fermava un istante a respirare l’odore del sale mischiato alla pelle, per poi ripartire verso la città intasata. Un’aria di calma e malinconia si appoggiava ai capelli di chi si salutava per l’ultima volta. Una folata di vento strappava un cappello rosso ad una bionda e lo trascinava verso la strada. L’architettura di una partenza sembrava fatta di cose che lottano per cambiare strada, per invertire le rotte e – una volta aperto-, un porto non era altro che un costato fatto di vita che viene, battente. Giova strinse la sua lettera fra le mani, stropicciandola appena.
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! La questione di Giovannamaria Daccà D’in s’un acquarello antico una fanciulla s’intravedea. Ella l’infinito scorciava ed una rondinella, lì presente, le annunciava la fatidica nova primavera. Ella, Cercopiteca, era una giovine sposa promessa, che attendea sommessa il ritorno del suo amato, invano con lo sguardo cercato. Il baldo giovine in questione di nome facea Atteone. Egli, garzone alla bottega del maniscalco era stato, ma, arrivati gli Ussari a depredare il villaggino, costretto fu a salir sul primo galeone, che lo avrebbe tratto di fuori la questione. All’amata, accorsa subito al porto, egli promise, in un bagno di lacrime s’intende, che la fortuna avrebbe cercata e, trovatala, ad ella si sarebbe ricondotto per salvarla da tutto quel bailamme. La damigella, rimasta al villaggio sotto il giogo ussaro, costretta fu a lavorare alla filanda e, presto, con un ussaro avrebbe dovuto sortire, perdendo così il poco tempo che avea al vespro per sperare ancor nel suo dolce futuro maldestro. Trascorse erano alcune primavere e di Atteone nemmeno un bel veder. Dunque, miei cari curiosi lettori, qui vi si dispiegherà la solinga vicenda dell’astante giovinetta, che si credea perduta… oh ma qual disdetta! Ogne mattina, compresi i dì di festa, Cercopiteca al lavoro si recava lesta e mesta. Certo sì, ella alla filanda tenea qualche comare a cui gli affanni confidare, ma, in vero, la damigella era proprio una solinga fringuella. Ella, non volendosi ad un ussaro maritare, un piede si sarebbe fatta amputare! Con ogne inganno ella evitava le fiere, sciagura di tutte le paesanelle più fiere. Tuttavia, la primavera nova arrivò e all’orizzonte si scorse, ahimè giammai fosse, un epoichia di ussari arrivare. Allora tutti si diedero un gran da fare: e briga e tira e molla, i nuovi ussari anche sta volta la spuntaron e le sabine rattaron. Qual gaudio fu a Cercopiteca, tuttavia, nello scoprir che la Bendata cieca mai è… Al finir si dice che la sbarbatella rapita fu dal suo Atteone, che in salvo la portò da gran birbone!
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! 4 settembre 2010 di Maurilio Tavormina Sono le 19 e 41 e il pensiero di lei mi ha appena sconquassato come se fossi stato tamponato da un blindato portavalori. Ho dovuto accostare la mia Duna come per scendere e constatare il danno. Parabrezza annebbiato dalla salsedine, litoranea deserta e il vento che rincorre sabbia e lattine vuote su questo straccio d’asfalto. Un’altra estate pugnalata a morte da Settembre. Come ha fatto lei con me, lei che per me era sacra come una vacca in India. Colpa di quell’idiota dagli occhi a mezz’asta anche da sobrio e la camicia da boscaiolo pure al mare. Ma assomigliava a Guccini quando abitava in via Fabbri 43 ed è per quello che me l’ha portata via. Recitava la parte di un novello Thoreau, tutto alpeggi e legna da tagliare, ferrate, formaggio di malga e grandi silenzi con daini e caprioli. Ma non disdegnava la villa al mare dei suoi vecchi e i loro conti in banca. E Sara amava i conti in banca forse più di Guccini e adorava chi fingeva di non averli. Io non ho mai finto, non ne avevo bisogno. Credevo che tenere un diario aiutasse a buttare fuori i propri pensieri, ma sono fesserie: la penso sempre. E allora sì, ora la penserò ancora più forte, penserò ai nostri giorni, ai nostri posti, alle nostre parole, penserò a tutte queste cose e le affiderò a quel gabbiano laggiù che pare ubriaco di salmastro ma è solo annoiato dal vento. Ecco, proprio ora scompare dietro il promontorio. La cercherà e la troverà perché i pensieri non li puoi fermare e arrivano sempre a destinazione. La troverà, forse in baita, ad aspettare il sosia di Guccini perso tra i boschi a parlare con i lupi, o forse sul pizzo di un monte, a chiedersi come c’è finita lì, lei, la mia vacca indiana senza più India. E quando, perduta nei suoi orizzonti senza blu, vedrà quella nuvola a forma di gabbiano, le arriverà il mio pensiero e si ricorderà del nostro mare, della nostra Fiat Duna giallo positano, di me e di quanto le ho voluto bene. La radio passa il tormentone dell’estate, fuori tempo massimo. E pure per me si è fatto tardi.
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! Gli occhi di tutti i porti del mondo di Manuel Masia Il rollio lieve del traghetto l’aveva fatta addormentare sulla mia spalla. Il vecchio la vide abbandonare il capo, mi sorrise e io ricambiai sornione. Il russare sommesso di lei scatenò fra noi un’ilarità complice che soffocammo a stento. Quando l’uomo ebbe a riprendersi mi disse che eravamo una bella coppia. La conoscevo da una manciata di giorni appena, ma glissai. «Italians.» Si assicurò e, a sua volta, mi informò che era tedesco, Monaco di Baviera (si aiutò con entrambe le mani: «insomma, giù di lì»). Feci due calcoli sulla base delle sue rughe: era forse ventenne ai tempi della guerra. Mi risparmiai ulteriori illazioni. La posa dimessa, il volto ordinario, fissava con un accenno di sorriso qualunque cosa rientrasse nel suo campo visivo, ora che la notte restituiva dagli oblò ciechi i soli riflessi del ponte. Nel suo inglese più duro del mio, ma meglio attrezzato, mi informò che ogni anno si prendeva qualche mese per viaggiare, con pochi soldi, da quando era rimasto vedovo. («Mi spiace.» Mi uscì d’istinto. La sua fisionomia si deformò in un «e per cosa?»). L’anno prima si era portato appresso il nipote novenne, dormendo per ostelli. Lo confrontai ai suoi connazionali che migravano sempre in riviera: gli stessi luoghi, le medesime tratte, come oche selvatiche, ma con meno spirito di adattamento. Mi raccontò di altri viaggi, e della prima volta che aveva visto un paese straniero: appena sbarcato incontrò una donna che «aveva gli occhi di tutti i porti del mondo», o almeno mi suonò così. Le chiese informazioni pure senza averne bisogno, pure con il ricordo della moglie annodato in gola. Lui non parlava altro che tedesco e lei gli sorrise senza capire né ribattere. Restarono a fissarsi per qualche minuto, infine lei lo salutò con il suo unico auf wiedersehen. «Immagino non l’abbia più rivista.» Arrischiai. Rise delle cose che avevo ancora davanti a me. «Ogni volta che arrivo o ritorno.» Disse. «In tutti i porti del mondo.»
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! Vogliamo tutti la stessa cosa di Anna Caruccio Oggi il decollo non è stato perfetto. Lo sguardo allarmato di Pago, però, mi è parso eccessivo. Con uno che ha le mie ore di volo, si può stare tranquilli. Se gli avessi detto anche della vista appannata, mi avrebbe costretto a restare a terra. Il colpo di Risso, dritto in mezzo agli occhi, continua a farsi sentire. Non è la prima volta che lo vedo arrabbiato, ma ieri sera era fuori di sé. “Smettila di provocarlo!”, Pago me lo dice sempre. “Siete due tipi pericolosi, solo che lui segue le regole del gruppo. Tu e le tue idee strane non arriverete da nessuna parte”. A parte che le mie idee non sono poi così strane, ma non capisco perché, desiderare più di casa e cibo, debba diventare un problema per il gruppo. “Alla fine vogliamo tutti la stessa cosa”, ripeto ogni volta a Pago. È quello che ho detto anche a Risso ieri sera. Ma lui non l’ha presa bene. Non mi sono neanche accorto di aver oltrepassato il confine del suo spazio. È lì che è partito il colpo da peso massimo. Figuriamoci se ci sta ad essere paragonato a un tipo come me che se ne sta tutto il giorno in giro e mai una volta se ne torna a casa con qualcosa da mangiare. “Come speri di mettere su famiglia?”, anche questo mi dice Pago. “Già ti vedo. Un altro inverno da solo!”. Certe volte sembra mia madre. Poi però a lui piace ascoltare i miei racconti quando torno nel gruppo. “Vedi? A qualcuno basta quello che porto a casa io”, gli dico, “non sarò mai solo”. Siamo fortunati. Da quassù c’è molto da vedere, molto più di vermi e pesci. Sono sicuro che ci prova anche quella donna laggiù. Anche lei avrà voglia di guardare più lontano possibile e più cose possibili. Ma quando non sei un gabbiano e non hai le ali, ti accontenti della cima di una roccia. Mi dà soddisfazione essere invidiato dalla donna laggiù. Lei che non si accontenta di portare a casa la pagnotta, lei che non colpisce in mezzo agli occhi chi invade il suo spazio. Ma si sa, lei appartiene a una specie più evoluta della mia
Questo che puoi leggere di seguito è uno dei racconti finalisti al concorso “Scrivere apre i corsi”, organizzato da Officina Letteraria per l’anno 2018/2019. I racconti possono essere votati utilizzando il pulsante che trovi in fondo all’articolo. Potrai votare ogni racconto una sola volta, fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018. Al termine del concorso, l’autore del racconto che avrà ricevuto più voti, vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura di 1° livello La grammatica delle storie. A questo link puoi leggere tutti gli altri racconti in concorso. Buona lettura! Caspar e Nicola insieme a Lina di Silvia Fanti Carolina, Lina per chi c’era ancora, aveva appena notato una strana somiglianza. “Mah… Dai… E me ne sono accorta anch’io che son del ‘25 e ho fatto fino alla terza elementare, sono scampata alla guerra e alla Spagnola, ho racimolato una vita da serva, prima in casa dei padroni a Milano e poi, qui, in casa mia.” – Parlava in italiano e a bassa voce, per farsi un po’ di compagnia. La sua sedia a rotelle sul balcone era comoda, immobile, rassicurante; adesso, nel sole smorzato di Settembre, Lina riusciva a distinguere di fronte a lei il monte Caio. “Ecco: un monte, sul monte quel bell’uomo di spalle e tutt’intorno il vuoto.” – ricordava quel quadro che le aveva fatto vedere sua nipote Sara, quando ancora andava all’università e studiava sui libri tedeschi. “I tedesc, i tedesc…” – Lina ripeteva in dialetto. Ed ora ecco l’altro quadro sul computer del soggiorno: questa volta una donna, anche lei piantata su un monte, come un faggio, con il nulla addosso. “ L‘è me mà …” – Lina aveva riconosciuto sua mamma, Maddalena. Aveva forse sedici anni quando sei tedeschi erano arrivati nel borgo e l’avevano presa in ostaggio con sua zia Domenica. Volevano oltrepassare il monte senza che i partigiani, nascosti nei boschi, li uccidessero. Lei e sua zia dovevano guidarli e diventare il loro scudo. Senza troppi fronzoli, s’incamminarono. Passato Solaro, la Chiesa e Cà d’Orsett, incontrarono sua madre con le vacche, di ritorno dal pascolo. Maddalena pregò di condurli al posto della figlia: Lina tornò a casa. Una sera e una notte senza l’odore della mamma: la cucina e la camera si trasformarono in due stanze; il padre in un uomo con la barba grigia e disordinata; Paolo, suo fratello, in un bambino biondo. “E me mà l’era sul mont” – Lina concluse prima di appisolarsi.
Dopo aver letto i numerosi racconti arrivati, Officina Letteraria è lieta di annunciare i 7 finalisti che si contenderanno il premio del concorso “Scrivere apre i corsi”. La commissione dei docenti di Officina Letteraria, presieduta dalla coordinatrice dei laboratori Ester Armanino, ha selezionato i seguenti racconti: I finalisti Ecco i finalisti del concorso, in ordine alfabetico: Annalisa Aiello Anna Caruccio Silvia Casaccio Giovannamaria Daccà Silvia Fanti Manuel Masia Maurilio Tavormina I racconti posso essere letti cliccando sul link di ogni nominativo. Potrai votare il tuo racconto preferito fino alle 24:00 di domenica 23 settembre 2018; potrai anche votare più di un racconto, ma ogni racconto potrà essere votato una volta sola. L’autore del racconto che riceverà più voti entro il termine previsto vincerà l’iscrizione gratuita al laboratorio di scrittura La grammatica delle storie. Buona lettura! Leggi tutti i racconti.
Officina Letteraria è un laboratorio, lo abbiamo sempre detto. Per scrivere non occorre solo la famosa cassetta degli attrezzi ma occorre vivere, stare nel mondo, osservare, percepire, sentire. Scrivere significa essere coscienti dei diversi punti di vista e poi sceglierne uno. Perché Scrivere apre i porti di Emilia Marasco ed Ester Armanino Le isole più piccole possono nascere in una notte e sparire in una notte. Laggiù, sotto il mare, tutte le terre emerse s’incontrano. Siri Ranva Hjelm Jacobsen, Isola Scrivere significa sperimentare che le storie possono cambiare corso, che si può azzardare, che quello che sembra impossibile può realizzarsi. Vuol dire sperimentare il coraggio, saper stare molto vicini al dolore. Scrivere offre la possibilità di vivere molte vite. È fare spazio a noi stessi e agli altri e capire che lo spazio non è qualcosa di rigido, ma di modellabile e adattabile. Ecco perché scrivere apre i porti. Perché il porto è e deve rimanere il luogo dell’approdo e della sosta, lo spazio dell’incontro e dello scambio. In cui fermarsi per poi ripartire, a cui fare ritorno. Di spostamenti è fatta la storia dell’umanità e di viaggi reali o immaginari è fatta la narrazione. Gli altri portano storie che ci permettono di capire meglio anche la nostra storia. Questo difficile momento di attualità impone di scegliere un punto di vista. Ecco, noi gente di scrittura, come la gente di mare, lo abbiamo scelto: Scrivere apre i porti. Abbiamo anche un’immagine di forte ispirazione che rappresenta questa scelta: l’aria che circola tra le pennellate acquose di Nicola Magrin, lo sguardo che spazia lontano da un punto alto, un punto di vista che va oltre la ristrettezza di vedute e che è quello di chi scrive storie, di chi guarda a ciò che accade senza timori e si dispone alla ricezione mentre il vento diventa forma, creatura alata, e porta in dono il pensiero libero.